Il primo vetraio che fabbricò la fojetta

Il primo vetraio che fabbricò la fojetta. L’ebreo Meir Maggino di Gabriele

“Nella città dei papi gli ebrei non ebbero vita e lavoro facile. Non mancano però eccezioni di rilievo. Fu per esempio un maestro vetraio ebreo a inventare, o comunque a fabbricare per primo, la celebre fojetta, tipico contenitore da mezzo litro delle osterie romane e dei Castelli. Meir Maggino, del quondam Gabriele, ebreo levantino, arriva a Roma da Venezia nel 1587 chiamato da papa Sisto V.

È un buono a tutto. Il 15 luglio del 1588 il cardinale camerlengo emette un bando «con il quale si notifica la concessione fatta da Sisto v per 15 anni all'ebreo M. Maggino di Gabriele della privativa di preparare medicinali con le erbe selvatiche e una certa mistura per fabbricare cristalli fini e vetri tondi» di ogni colore. Si prevedeva un affare molto remunerativo, tanto che il maestro vetraio si impegnava a versare alla Camera apostolica 500 scudi l’anno.

Andò bene, visto che ancora nel 1591 e nel 1598 per le vetrate al palazzo di San Giovanni in Laterano furono registrati pagamenti in favore di Maggino e Martino Briosa. Il 10 aprile 1589 con un altro bando del cardinal camerlengo Enrico Caetani, rinnovato l’anno successivo, «si notifica il privilegio concesso a Maggino ebreo di fabbricare misure di vetro per la vendita di vino e olio».

Le fojette, appunto. Ideate per evitare le frodi degli osti, le nuove misure divennero presto obbligatorie. Nelle osterie in sostituzione dei vecchi boccali di ferro o coccio doveva essere usato un contenitore «chiaro et trasparente, e dar loro altra forma di quello che oggi si costuma, cioè con il collo alquanto longo e stretto... et col sigillo della camera... col quale modo si provveda alle fraudi, che si commettono dalli Hostiet altri, et alli abusi de vasi di hoggi, perché avendo questi la bocca larghissima, ne segue, per ogni poco che manca della debita misura, assai danni al pubblico».

Un grande passo avanti, anche se nulla poteva contro l’altra classica frode, quella di allungare il vino con l’acqua.

La fojetta, il mezzo litro, è pian piano diventata parte di una vera e propria fa-miglia che ha fra i suoi componenti, tutti bollati.

Il barzilai (due litri) chiamato co-sì dal deputato della sinistra radicale Salvatore Barzilai che durante le campagne elettorali, alla fine dell’Ottocento, offriva il vino in questi recipienti;

il tubbo, ovvero il litro;

la mezza fojetta, detta anche baggiarola o quartino;

il chierichetto, un quinto di litro, e il sottovoce, un bicchiere da un decimo litro che si chiedeva sussurrando e con un sospiro (altro nome che gli è stato affibbiato) per la vergogna di non avere i soldi per permettersi qualcosa di più.

L’eclettico Maggino mise a punto anche un sistema per estrarre la seta dai bozzoli due volte l’anno, affare nel quale aveva coinvolto Camilla Peretti, sorella del papa. Ma in questo campo, forse, ebbe meno fortuna”.

Nascita dell’etichetta


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