Anche i muri parlano
Spesso sui muri si affiggono informazioni e moniti. Oramai noi siamo abituati a cartelloni pubblicitari quindi non ci facciamo caso. Eppure i muri parlano, eccome!! Incastonati in essi trovi di tutto, storie cruenti, vere e belle, scoperte e racconti. Roma, per esempio, è piena di questi “racconti incastonati” tra le mura, come in altre città italiane.
Vi racconto due curiosità su due città, due mura in due epoche diverse!
Roma
Anche se veloce, si fa sempre un salto per un selfie o si scattano foto per un ricordo in una delle piazze più belle al mondo: Piazza Navona, ricca di storia con le sue fontane, la chiesa di Santa Agnese, palazzo Doria Pamphilj, Bernini e Borromini con i loro contrasti e litigi. Ma c’è anche una storia umana in quella piazza, forse nota a molti ma non a tutti.


La racconta un marmo incastonato nel muro al civico 34. La testa di un oste del ‘500.
Si narra che a metà del Cinquecento papa Sisto V piaceva mescolarsi tra la folla travestendosi per non essere riconosciuto, così per sentire il mormorio del popolo e di cosa pensasse veramente su di lui. Consapevole che mettendo le gabelle sul vino per realizzare capolavori e sistemazioni della città, non era proprio ben voluto.
Così un giorno, fermandosi in un’ osteria a piazza Navona, ebbe modo di sentire l’oste lamentarsi ed esprimere giudizi molto critici verso il potere papale.
Il povero oste, inconsapevole di chi fosse il forestiero, fu fatto arrestare e subito dopo giustiziato. I suoi amici, in ricordo del fatto, vollero porre il ritratto dell’amico oste scolpito sul muro.
Ancora oggi la testa si trova lì, come monito che è meglio non parlare in modo sconsiderato davanti agli sconosciuti.
Firenze la leggenda della Berta.
Nel centro storico di Firenze, non lontano dalla Cattedrale, si trova la Chiesa di Santa Maria Maggiore un luogo molto frequentato che nasconde però un’altro racconto incastonato: nella parte alta della torre companaria infatti, incastrata tra i mattoni, sporge ‘La Berta’, una testa di donna di pietra.


Difficilmente viene notata da turisti e passanti sia per la sua posizione ed il colore che molto assomiglia a quello di sfondo.
Molte sono le leggende che si narrano su questa misteriosa “Berta”.
Il 16 settembre del 1327 l’astronomo Cecco d’Ascoli condannato a morte perché considerato eretico dal tribunale dell’inquisizione, stava per essere condotto al rogo tra la gente accorsa in strada e affacciata ai balconi per non perdere l’evento.
Giunto davanti alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, il condannato chiese dell’acqua ma la Berta, sportasi dalla torre in cui si trovava, esortò le guardie a non farlo
chiamandolo “alchimista”.
Secondo un’antica tradizione, gli alchimisti avevano il potere di comunicare con il diavolo proprio attraverso l’acqua: per paura che il D’Ascoli potesse in questo modo salvarsi la vita, le guardie decisero di seguire il consiglio della donna.
Su tutte le furie per l’ennesimo torto subito, il prigioniero le lanciò un sortilegio urlandole:
“Tu non leverai più la testa da quel pertugio!”
E così fu.
Ancor’oggi la testa pietrificata della Berta sporge da una piccola fenditura della torre campanaria della Chiesa di Santa Maria Maggiore, in attesa di essere liberata dal maleficio.
Prossima iniziativa di visita guidata: 2 aprile
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Roma citta dell’acqua: il Parco degli acquedotti
Gli antichi Romani sono noti per le loro sorprendenti capacità ingegneristiche, ma un’opera li ha resi particolarmente famosi: gli acquedotti.
Essi li costruirono in tutte le terre conquistate. Molte di queste opere, non solo sono visibili anche ai nostri giorni, ma sono state utilizzate dopo la caduta dell’Impero Romano d’occidente e, in alcuni casi, sono state per lungo tempo le uniche disponibili per trasportare l’acqua in numerose città.
Nell’antica Roma ne furono costruiti 11. L’acqua canalizzata e convogliata nell’Urbe però non era utilizzata solo per scopi pratici della vita di tutti i giorni.
La civiltà romana attraverso l’acqua si divertiva mettendo in scena dei famosi combattimenti tra navi, le famose naumachie o si preoccupava del proprio benessere fisico, grazie alla frequentazione di bagni pubblici e terme, rendeva più belle le proprie case e le piazze con la costruzione di ninfei e di fontane ornamentali.
In una parola, grazie all’acqua trasportata dagli acquedotti il popolo romano si presentava in tutta la sua potenza: capacità tecnica, bellezza, lusso e spettacolarità.
Il Parco degli acquedotti situato nel quadrante sud-est di Roma è caratterizzato dalla presenza in elevato o sotterranea di sei acquedotti romani che rifornivano la città antica e uno papale, l’acquedotto Felice costruito da Papa Sisto V tra il 1585 e il 1590, riutilizzando in parte l’antico condotto dell’acqua marcia.
Siete pronti per fare un salto nel passato all’ombra delle arcate degli antichi acquedotti?
Guida di Roma Barbara Neroni
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