
di Sabrina Rinaldi
Deve essere stata una bella sorpresa per gli operai che nel 1955 mentre gettavano le fondamenta del palazzo in via Latina all’improvviso vedere cedere la terra e comparire un ambiente sotterraneo completamente affrescato. Sicuramente qualcuno cercò di approfittarsene staccando

qualche pittura, le istituzioni competenti furono avvisare soltanto a fine cantiere quando ormai il sito archeologico era stato depredato e sistemato in modo precario. Diverso sarebbe stato il destino di questo ipogeo se la notizia fosse stata data prima.
È un monumento straordinario, detto la “Pinacoteca del IV secolo” per la qualità e la quantità delle pitture presenti si tratta di uno stesso complesso funebre sorto nel IV secolo dopo Cristo quando la religione cristiana e pagana convivono pacificamente, grazie l’editto di Costantino del 313 d.C.. La grande coesione tra gli ambienti di questi ipogeo, il fatto che sia stato utilizzato per soli 50 anni dagli inizi del IV secolo fin verso il 350-360 d.C., ha spinto gli archeologi ad attribuirne la proprietà ad una sola famiglia. Non si conosce il nome o i nomi delle famiglie lì sepolte. Non tutti i suoi membri si erano però convertiti al Cristianesimo: le decorazioni raffigurano sia miti classici sia scene della Bibbia.

Nella prima “Cappella” appare su un arcosolio una figura femminile distesa in un prato con un serpente avvolto al braccio sinistro si era pensato subito a Cleopatra, oggi si è più propensi a identificarla in tellus la terra; il cubicolo accanto invece senza dubbio dedicato ad Ercole. Vi sono affreschi dedicati alle sue fatiche.

Nelle capelle Cristiane le scene sono collegate al tema del paesaggio tra la vita e la morte. Gli ebrei attraversano il Mar Rosso che si apre al gesto di Mosè; Lazzaro risorge grazie l’intervento di Gesù: Abramo incontra Dio a Mamre. L’ultimo ambiente doveva forse ospitare la salma della fanciulla dai grandi occhi neri capelli raccolti sulla nuca che appare nella decorazione. La sua famiglia deve essere la più ricca perché in quest’ultimo cubicolo abbonda il marmo.

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La terza foto fa riferimento al cubicolo della Velata a Priscilla, non è via Dino Compagni
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